Buon senso e veri leader
Mai come ora, abbiamo bisogno di guide, di personalità in grado di essere fari cui guardare e da cui farci guidare.
Nell’atmosfera surreale in cui siamo da fine febbraio, nella palude orfana di voci autorevoli e rassicuranti, basta un tweet di Obama, con i suoi 114 milioni di follower per richiamare l’attenzione a quelle che sono le raccomandazioni degli scienziati; basta una dichiarazione di Draghi, che invita i Paesi a non esitare e ad agire subito per proteggere le persone e far calmare le acque agitate dei mercati.
Parole che vengono ascoltate dai più e che rincuorano, poiché fanno capire alla gente che i leader ci sono. C’è il Presidente Mattarella, con i suoi discorsi periodici alla nazione che infondono calma e calore, c’è Papa Francesco, sempre sul pezzo, con il suo urbi et orbi da solo in Piazza San Pietro, sotto la pioggia… ha saputo toccare il cuore anche dei non credenti. Personalità, che con il loro esserci, ci rendono meno angosciante il periodo di pandemia che stiamo passando. Proprio come i veri “leader”, (dall’etimologia da Caesar, come kaiser e zar, colui che guida un partito, un movimento, un gruppo…”), e anche veri influencer.
Chi sono oggi i leader? Quali valori ci trasmettono? A quali modelli corrispondono? E dopo il corona virus, cambierà qualcosa? Cambieranno i parametri di scelta di chi deve guidare un’impresa, un’istituzione, una banca, un’associazione? Cambierà la sensibilità delle persone e il loro metro di valutazione su chi e cosa valga di più, davvero?
In questa vita che a un tratto è cambiata completamente e repentinamente per tutti e per tutto il mondo, per chi temeva e per chi negava il problema, per chi soffre per un lutto e per chi è a casa fermo, per chi ha tanti risparmi e aspetta che passi la bufera e per chi invece ogni giorno di non guadagno è una sventura. Ancora attoniti, ma lucidi, ci siamo resi conto di quanto la vita sia precaria, di quanto il sistema sia fragile. L’incertezza del futuro ci disorienta, la fluidità dell’esistenza ci destabilizza. Però, con il passare dei giorni, ci fortifica e ci fa capire, come molti dicono, che da soli non andiamo da nessuna parte. Tutti abbiamo bisogno degli altri e con la precarietà toccata con mano da tutti, emerge il sentimento di solidarietà. È bellissimo e commuovente vedere i tanti episodi di generosità e altruismo che ci sono, e ci sono stati da parte molti, volontari in primis.
Medici, infermieri, operatori, operai, tecnici, volontari della protezione civile, alpini, ecc… Se c’è un’eredità che potrebbe esserci lasciata da questo periodo nefasto, tra le tante, ci auguriamo di avere un nuovo modo di valutare le cose e le persone, una nuova scala di valori, ma reale, che intacchi la nostra quotidianità, che ci permetta di dare il giusto valore alle cose, nel rispetto e nella solidarietà, che ci elevi ad argomenti più alti, sempre (“paulo maiora canamus” diceva Virgilio).
Di conseguenza, ci aspettiamo che ci sia più attenzione al merito. Dare il giusto valore alle cose, significa anche proporzionare equamente gli stipendi di chi fa un lavoro importante per la società e il bene pubblico, che oggi sono troppo bassi. Significa dare il valore sociale e il prestigio che meritano certe professioni, che fino a ieri erano viste come minoritarie. Vogliamo leader solidi cui ispirarci, che mettano a loro agio le persone, non che le guardino dall’alto in basso, che ci rappresentino davvero e che non indugino ad agire nel momento del bisogno. Vogliamo una classe dirigente di uomini e donne empatica, seria, vogliamo ambienti di lavoro che creino fiducia, non che inculchino paura di sbagliare. E ancora, vogliamo che l’ottusità della burocrazia lasci il posto al “potere del buonsenso”, che la superficialità dilagante venga bandita. Non di meno, auspichiamo un giusto equilibrio tra Stato e mercato, come ha detto Tremonti, “servono i valori morali e sociali, non solo i liquidi ma anche i solidi, non solo i desideri ma anche le virtù, non solo i consumi ma anche il risparmio”. Ci auguriamo, poi e soprattutto, che dopo questa apocalisse, torni centrale l’uomo.
In molti dibattiti degli ultimi anni sull’intelligenza artificiale si è spesso parlato di macchine e robot che sostituiranno l’uomo. Bene, nella guerra al Covid-19 nessuna intelligenza artificiale serve senza la supremazia dell’uomo, evidente nella sua massima espressione attraverso la competenza e abnegazione di medici e infermieri in prima linea, e degli scienziati nelle retrovie.
Infine, che al solito – e necessario – aggettivo “sostenibile” si affianchi anche il concetto “a misura d’uomo”, inteso come città, tempi, ritmi, spazi, rapporti; nel senso che la vita sia sostenibile per l’ambiente, la società e per ogni singolo essere vivente.
Silvia Pietrarolo