Più donne nei Cda, ma per le lavoratrici nulla è cambiato

Più donne nei Cda, ma per le lavoratrici nulla è cambiato

L’Attacco – Alessandra Casarico e Salvatore Lattanzio

Sono sempre poche le donne al Forum di Davos: quest’anno solo il 22 per cento. Un riflesso della loro assenza dalle stanze dei bottoni. In Italia i progressi garantiti dalle quote di genere nei Cda si vedono.

E in Italia? La situazione è decisamente migliore rispetto al passato, soprattutto per merito della legge Golfo-Mosca del 2011 che prescrive una rappresentanza bilanciata di ambo i generi nei consigli di amministrazione delle società quotate e delle partecipate. In particolare, a partire dal primo rinnovo del Cda successivo ad agosto 2012, la rappresentanza delle donne deve essere pari ad almeno un quinto dei membri del board, da aumentare a un terzo per i rinnovi successivi al primo. La legge ha avuto un effetto ben visibile sulla percentuale di donne nei Cda, ma molto meno sulla loro nomina ad amministratrici delegate o presidenti.

Secondo i dati dell’Ocse, la partecipazione femminile è pari al 55,9 per cento nel 2017, contro una media europea del 68 per cento (LFS by sex and age – indicators: Labour force participation rate).

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